Pensare a una situazione, valutare vantaggi e svantaggi va bene se è un modo per prendere decisioni e risolvere un problema.
Ma pensare e ripensare continuamente alle cose senza giungere a una conclusione e rimanendo al punto di partenza può essere un problema, soprattutto se dal pensare si passa al pensare ossessivo e si ha difficoltà a sintonizzarsi con le proprie emozioni. Pensare diventa allora un modo per “non sentire” le proprie emozioni.
Cos’è l’overthinking?
Pensare tanto da molti è considerato sinonimo di intelligenza, ma quando i pensieri diventano negativi, ripetitivi e indesiderati possono provocare parecchio disagio in chi li sperimenta. Overthinking significa letteralmente pensare troppo, rimuginare sul passato, lasciarsi trasportare da preoccupazioni e ansie su possibili scenari futuri. Sarà capitato a tutti di sentirsi completamente assorbiti da un problema, di pensarci e ripensarci con la sensazione di non avere altro spazio mentale disponibile. La mente si riempie di paura, preoccupazione, angoscia e perdiamo la capacità di riflettere in modo lucido e realistico e quindi di prendere decisioni.
Quando diventa un problema
L’overthinking non è necessariamente patologico. Quando ci troviamo di fronte a un problema, tendiamo a riflettere su quel problema per risolverlo, a volte anche a lungo e intensamente. Quando l’analisi e la riflessione sono finalizzati al problem solving, tutto questo risulta utile ed efficace. Altre volte però, i pensieri creano un evidente disagio nella vita quotidiana.
Dal pensare troppo può emergere una sintomatologia ossessiva caratterizzata da pensieri, immagini, ed impulsi che generano ansia e angoscia, a cui potrebbero accompagnarsi, anche se non necessariamente, azioni ripetitive che vengono agite nel tentativo di alleviare l’angoscia provocata dalle ossessioni, ripristinare la sicurezza e prevenire i danni. Il fatto che certi pensieri siano così tanto intrusivi, indesiderabili e involontari può indurre a credere che essi siano reali e concreti: pensare a una determinata azione equivale a compierla, non tentare di prevenire un danno a sé o agli altri equivale ad aver provocato in prima persona il danno. Si generano così delle convinzioni erronee che possono includere:
- esagerato senso di responsabilità personale e la tendenza a sovrastimare la minaccia;
- perfezionismo e intolleranza all’incertezza,
- assegnazione di un eccessiva importanza ai pensieri e al bisogno di controllarli.
Una caratteristica che accomuna chi pensa troppo è sicuramente il bisogno di tenere tutto sotto controllo che porta ad analizzare in modo approfondito ogni problema o situazione.
Il pensiero e la riflessione, che dovrebbero essere il modo per arrivare alla risoluzione di un problema, allontanano paradossalmente la possibilità di giungere a una conclusione, alimentando risposte di confusione, stress e rabbia. Questo accade perché i pensieri si succedono velocemente e ogni opzione sarà continuamente messa in discussione da un’altra, giudicata e così via. Il risultato non è un avanzare verso la chiarezza, ma bloccarsi senza riuscire a prendere una decisione, ma sentendosi sopraffatti e impotenti.
Perché rimuginiamo?
Siamo portati a credere che il modo per risolvere un problema sia pensarci e ripensarci, pensare alle cause e alle possibili conseguenze. Vi è mai capitato di capire la causa del vostro problema ma non essere lo stesso riusciti a stare meglio?
Concentrarci sulle cause di un problema non ci aiuta in alcun modo a risolverlo, ma il vantaggio percepito è una riduzione dell’ansia o di emozioni spiacevoli collegate. In questo modo, ci illudiamo soltanto che stiamo gestendo l’ansia.
Il preoccuparsi abitualmente assorbe la maggior parte dell’attività mentale ed interferisce con la capacità di essere spontanei, intimi, rilassati e godere del tempo presente.
Cosa fare? Ecco alcuni spunti di riflessione...
- Fai un passo: certe cose non si possono sapere a priori, così come non possiamo sapere se siamo in grado di fare una cosa prima di farla. Abbiamo bisogno di sperimentare per verificarlo. Oltretutto agire è un modo per fare qualcosa di diverso dal pensare: non si resta più chiusi nella propria mente ma ci si dà la possibilità di fare nuove esperienze
- Concentrati sul respiro e sul tuo corpo: questo potrebbe essere un ottimo modo per “non pensare”. Respirare consente di ritrovare la calma e disattivare il pilota automatico dei nostri pensieri;
- Impara a osservare i tuoi pensieri: quando pensiamo a qualcosa solitamente lo facciamo sentendoci esattamente dentro ai nostri pensieri (Che faccio? Ma perché non ho pensato prima a quella cosa? E se mi sbagliassi? Ecc.). Osservare invece i pensieri ci consente di guardarli a distanza e pertanto mantenere alta la consapevolezza di ciò che sta succedendo dentro di noi.
- Rimani nel presente: chi pensa molto fa fatica a rimanere nel presente perché di solito o è impegnato a rimuginare sul passato e sulle cose fatte oppure a preoccuparsi per ciò che dovrà ancora accadere. Ma l’unico tempo in cui abbiamo davvero potere di azione è il presente.
- Chiedi aiuto a un professionista: può essere complicato riuscire da soli a ritrovare il proprio benessere mentale e diventa allora fondamentale chiedere aiuto. Grazie all’aiuto di un terapeuta è possibile interrompere il circolo vizioso del pensare ossessivo e ripristinare dei modi di pensare e sentire più efficaci e adattivi.
Bibliografia
DSM-5, Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, Milano, Raffaello Cortina Editore, 2014
Nolen-Hoeksema, S.(2000),The role of rumination in depressive disorders and mixed anxiety/depressive symptoms. In Journal of Abnormal Psychology, 109(3), pp. 504-511.
Nolen-Hoeksema, S., Wisco, B.E., Lyubomirsky, S. (2008), Rethinking rumination. In Perspectives on Psychological Science, 3(5), 400-424.