Internet è uno strumento utile sotto tanti punti di vista, ma spesso, per l’uso che ne facciamo, rischiamo di perdere di vista quello che succede dentro di noi e intorno a noi.
In ambito lavorativo è stato coniato il termine iperconnessione, per indicare la tendenza e il bisogno di rimanere costantemente connessi a internet e utilizzare gli strumenti tecnologici facendo fatica a staccarsi da essi. A essere dannosa è la continua disponibilità a essere raggiunti da ogni sorta di comunicazione relativa al lavoro.
Se da un lato, come in tutto il periodo di pandemia, connettersi è stata una risorsa importante per continuare a svolgere le attività, dall’altro risulta difficile fare a meno dei dispositivi tecnologici. Li utilizziamo anche quando non sarebbe necessario. Pensiamo all’irresistibile desiderio di aprire le notifiche quando arrivano, alla tendenza a portarci il telefono anche in bagno o a guardare se sono arrivate email di lavoro la sera o prima di andare a dormire. Per molti non guardare il telefono per più di un’ora consecutiva sembra un’impresa ardua. Soprattutto se il lavoro è svolto da remoto, non sempre risulta chiaro il confine tra sfera professionale e personale, ovvero tra lavoro e riposo.
Come stanno cambiando le relazioni?
La tecnologia ha modificato inevitabilmente anche i nostri schemi comportamentali e il modo in cui ci rapportiamo con gli altri.
Quante volte sarà capitato di consultare il cellulare nel bel mezzo di una conversazione o durante una cena di gruppo o col partner? O anche di distrarsi dal momento presente per leggere una notifica in arrivo?
Il termine Phubbing è stato creato per indicare la pratica, ormai molto diffusa, di utilizzare lo smartphone o altri strumenti digitali quando si è in compagnia di altre persone.
Pur stando all’interno di un contesto sociale, ci si concentra sul cellulare e ci si isola dagli altri, si è completamente inglobati dal mondo virtuale. All’arrivo di una notifica si avverte una sorta di attivazione interna e l’impulso a connettersi e vedere che succede. La tentazione di aprire subito ed esserci in quel momento è forte.
L’esigenza di controllare in continuazione il cellulare potrebbe essere un sintomo del timore di rimanere disconnessi (Nomofobia) o di perdersi qualcosa di importante ed essere tagliati fuori (FOMO, cioè Fear Of Missing Out).
Ciò che manca spesso è la capacità di discernere tra ciò che è prioritario e ciò che non lo è, tra ciò che può essere fatto prima e ciò che può essere rimandato in un secondo momento.
Per queste ragioni, chi sta dall’altra parte, l’interlocutore di turno, spesso prova rabbia perché si sente non ascoltato, ma anche delusione e frustrazione per il fatto di non essere visto. Sarà capitato a tutti di provare quella strana sensazione di disagio ed estraneità in compagnia di persone impegnate col proprio cellulare e quindi in temporaneo o prolungato “stato di off” rispetto alla conversazione faccia a faccia.
Pertanto, se da un lato questo modo di relazionarsi online agli altri consente di ridurre le distanze, di esserci in qualsiasi momento e sentirsi meno soli, dall’altro genera un paradosso: la svalutazione della persona e dei rapporti “reali”. Si ha una sempre maggiore difficoltà di intrattenere discorsi dal vivo, di relazionarsi efficacemente ed empaticamente tenendo conto dei propri e altrui bisogni.
Nei casi più gravi, l’isolamento può portare alla chiusura verso le relazioni esterne e al mondo fuori dal web e a sentimenti di agitazione, irritazione e ansia sociale rispetto alle relazioni dal vivo.
Se è vero che i social media e la tecnologia ci danno la possibilità di essere in più posti contemporaneamente, è altrettanto importante tener conto del rischio di non godere realmente di nessuno di essi. È più nutritivo per noi vivere e godere del momento in cui si è, che essere in molti luoghi senza esserci davvero.
Che fare? Qualche consiglio per staccare la spina
- Riflettiamo su quanto spazio diamo al mondo virtuale e a quello reale: sono importanti entrambi, ma dobbiamo imparare a trovare il giusto equilibrio. Se ci accorgiamo che l’uso della tecnologia e dei social ci sta allontanando dalle persone a cui teniamo, allora è importante ristabilire le nostre priorità. A livello lavorativo, al fine di migliorare il nostro benessere psicofisico, è fondamentale sviluppare una nuova strutturazione e gestione del tempo che tenga conto sia delle esigenze di lavoro che del bisogno di riposo;
- Impariamo a gestire i nostri impulsi e le nostre attività mentali: se il cervello è sempre connesso anche quando non è connesso è un problema e abbiamo bisogno di permetterci di staccare e vivere il momento presente. Durante le nostre vacanze, ad esempio, possiamo pensare a dei momenti nella giornata in cui uscire e lasciare il cellulare a casa;
- Invertiamo le nostre abitudini: se accendere o controllare il cellulare è la prima cosa che facciamo quando ci svegliamo, proviamo invece a fare prima colazione, in silenzio o chiacchierando con le persone con cui siamo e prestando attenzione ai gesti che compiamo;
- Chiediamoci perché abbiamo bisogno, rimanendo sempre online, di evadere dal presente: tante volte l’utilizzo dei dispositivi tecnologici rappresenta una fuga dai problemi reali o il tentativo di rifugiarsi in un mondo ideale e vivere relazioni che non si riescono a vivere nel mondo reale. Fare i conti con la realtà dei fatti ci può far paura ma è necessario per potersi sentire veramente liberi di scegliere.
Ricordiamoci che la tecnologia non deve togliere, ma dare qualcosa in più alle nostre vite e se ci accorgiamo che stiamo sacrificando il nostro tempo e le nostre relazioni, abbiamo la possibilità di cambiare direzione.
Bibliografia
B. Wellman, (2001). Physical Place and Cyber Place: The Rise of Networked Individualism, “International Journal of Urban and Regional Research”, 25 (2), p.227–52.
A. Quan-Haase, B. Wellman, (2004). Local Virtuality in a High-Tech Networked Organization, Anaylse & Kritik 26 (special issue 1), p.241–57.